30 settembre 2006 EAD – Giornata Europea dell’Agrobiodiversità Gli agroecosistemi tradizionali

Promossa dalla fondazione svizzera SAVE

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Negli ultimi secoli l’agricoltura europea ha subito una grande trasformazione: la percentuale di addetti è rapidamente diminuita assieme al loro peso sociale, e i metodi colturali tradizionali sono stati in gran parte sostituiti da metodi industriali. Questo processo ha portato all’abbandono di molte pratiche tradizionali e alla perdita di produzioni minori con conseguenze spesso disastrose: alcune razze animali e varietà vegetali sono scomparse per sempre, altre sono a rischio di estinzione e necessitano di misure urgenti di protezione; anche molte specie selvatiche legate agli ambienti rurali e agli agroecosistemi del passato sono a rischio. Riappropriarsi di tecniche e produzioni tradizioni è quindi un passo verso la conservazione dell’agrobiodiversità europea.

Cosa sono gli agroecosistemi tradizionali?
Un agroecosistema tradizionale è caratterizzato da un insieme di specie selvatiche, razze animali autoctone e varietà vegetali. Per centinaia di anni esse hanno contribuito a creare i paesaggi tradizionali della campagna europea e a fornire produzioni tipiche. Una miscela così eterogenea è anche un serbatoio di diversità genetica che garantisce di sopportare improvvise avversità climatiche e malattie senza compromettere irrimediabilmente le produzioni. Le specie selvatiche, animali o vegetali, sono parte integrante della complessità degli agroecosistemi tradizionali; non solo possono essere fonti secondarie di cibo, ma spesso favoriscono l’adattamento delle razze domestiche e delle varietà autoctone alle condizioni ambientali locali, e in molti casi forniscono legna e combustibili o addirittura prodotti per la medicina tradizionale.
Un agroecosistema produce poco surplus: i raccolti e i prodotti dell’allevamento servono quasi esclusivamente al sostentamento della popolazione rurale locale, e ciò che avanza viene venduto nei mercati fornendo prodotti di nicchia o tipici.

  • Un agroecosistema tradizionale (AET) si è sviluppato nel corso dei secoli grazie all’opera dell’uomo.
  • Un AET è un sistema agricolo adatto alle condizioni ambientali locali.
  • Un AET è in armonia con gli habitat naturali; in esso convivono specie animali e vegetali selvatiche e domestiche.
  • In un AET la diversità delle colture, delle specie e delle razze e varietà domestiche consente il superamento di condizioni avverse o sfavorevoli.
  • I prodotti delle aziende localizzate in AET sono tradizionali.

Dove sono finiti gli agroecosistemi?
Come in tutte le attività umane, anche nel settore agricolo i cambiamenti avvenuti nel secolo scorso sono stati dettati da leggi di mercato. Gli agricoltori, incoraggiati da politiche di sostegno dei prezzi e da sussidi finalizzati alla riduzione dei costi e alla massimizzazione delle produzioni, si sono negli anni specializzati in una o poche colture, ricorrendo in modo massiccio a macchine agricole sempre più potenti e a tecnologie sempre più sofisticate, fino a ottenere produzioni molto eccedenti i fabbisogni. Assieme ai metodo di coltivazione è cambiato anche il paesaggio agrario; soprattutto in pianura i vecchi agroecosistemi tradizionali sono progressivamente scomparsi assieme a paludi, foreste, zone umide, prati permanenti e pascoli per lasciare spazio a monocolture e allevamenti industriali. Da anni la produzione di cibo non è più una semplice attività agricola, ma segue le regole e i ritmi dell’industria; le conseguenze sono state un calo impressionante degli addetti al settore agricolo, l’abbandono delle piccole fattorie con la migrazione verso le città di tantissimi agricoltori. Oltre che ad un impoverimento culturale, questo cambiamento ha avuto conseguenze negative sull’ambiente naturale, ormai fortemente omogeneo e poco idoneo a moltissime specie selvatiche di cui oggi non resta che il ricordo.
Anche se recentemente si è assistito a una parziale inversione di tendenza, gran parte del danno è irrimediabile. La specializzazione delle razze, le monocolture senza rotazione, l’impiego di varietà ibride, i prodotti chimici e i recenti OGM forniscono una sicurezza alimentare che ha costi sociali e ambientali elevatissimi; razze e varietà sono estinte per sempre e con esse molte produzioni locali e tradizionali, e a poco valgono gli affannosi tentativi di recupero in extremis.

Le scelte del ventesimo secolo!

  • L’agricoltura come l’industria anziché come stile di vita.
  • La monocoltura anziché la diversità colturale.
  • La selezione attraverso la manipolazione genetica anziché attraverso criteri tradizionali.
  • Aziende senza animali e piante selvatiche anziché fattorie ricche di forme di vita diverse.
  • Migrazione verso la città e urbanizzazione anziché presenza diffusa nelle campagne.
  • Produzioni standardizzate anziché produzioni stagionali e locali.

La conservazione degli agroecosistemi tradizionali: come sarà domani?
Per il futuro del settore agricolo si prospetta uno scenario con due attori. Da una parte, aziende agroindustriali di grandi dimensioni orientate verso metodi ipertecnologici che produrranno enormi quantità di cibo destinato quasi esclusivamente al mercato globale; dall’altra, aziende di piccole dimensioni che potranno ricostituire gli agrecosistemi tradizionali e produrre piccole quantità di cibo con razze e varietà locali destinate soprattutto a un mercato locale. Il mantenimento di razze e varietà locali avrà vantaggi sulla conservazione della diversità genetica e di tutti quei caratteri che oggi sono poco considerati dall’agroindustria, come la frugalità, la rusticità, l’attitudine materna, la resistenza a determinate malattie o parassiti, la presenza di varianti genetiche nelle proteine del latte, della carne o della lana, etc. L’interesse non è solo scientifico: come già avviene in parte oggi, la riscoperta di queste razze e varietà potrà portare a un recupero dei prodotti locali con benefici economici e ambientali. La ricostituzione degli agroecosistemi, il reimpianto di siepi e boschi, la realizzazione di zone umide, il mantenimento delle praterie e altri interventi migliorativi finanziabili con i nuovi piani di sviluppo rurale restituiranno auspicabilmente il tradizionale paesaggio agrario in ampie zone dell’Europa dove esso è oggi scomparso con benefici non solo per le specie selvatiche ma anche per l’uomo. Siamo convinti che questo scenario, dove accanto alle grandi aziende agroindustriali si ricostituiscano gli agroecosistemi e le piccole fattorie, sia possibile nel prossimo futuro. Ma perché ciò avvenga è necessario agire subito.

  • Ricostruire gli agroecosistemi tradizionale per conservare la biodiversità.
  • Conservare la diversità genetica come serbatoio per la futura sicurezza alimentare.
  • Razze e varietà locali sono rustiche, sovente più fertili e resistenti di quelle selezionate.
  • Privilegiare la conservazione di razze e varietà locali nei luoghi di origine.
  • Restaurare il paesaggio agricolo e rigenerare le microeconomie locali.

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