POPOLAZIONI PRIMITIVE DELL’ARCO ALPINO IN VIA DI ESTINZIONE

Anche in Lombardia in alcune aree culturalmente più conservative vi sono tracce di una popolazione ovina primitiva che si distingue dalle razze alpine di tipo Bergamasco-Biellese per la taglia più ridotta, la presenza di corna anche nella femmina, la grossolanità e la pigmentazione della lana, le orecchie piccole ed erette, il profilo fronto-nasale rettilineo.

In passato sono state segnalate popolazioni recanti alcuni di questi caratteri primitivi. A nostro avviso le varie pecore Ciùte, Ciavenàsche, Spagnoline ecc. rappresentano il residuo di un’unica popolazione ovina con caratteri primitivi che possimo definire:
La popolazione con caratteri primitivi dell’Alto Lario – Bassa Valtellina

L’area in questione che comprende la Valchiavenna, la Bassa Valtellina (versante retico con la Val Masino inclusa) e l’estremità settentrionale della provincia di Como è omogenea dal punto di vista linguistico e culturale probabilmente in relazione ad una comune origine etnica. Tale area è denominata “dei Cècch” e si prolunga dal versante retico della bassa valtellina sino alle vallate dell’Alto Lario occidentale (Livo, Liro, Albano). L’omogeneità con la Valchiavenna è invece dovuta alla secolare frequentazione da parte degli allevatori dei comuni più a Nord della provincia di Como dei pascoli alpini dell’Alta Valchiavenna (Val S.Giacomo).

Il termine “spagnolina” potrebbe far supporre introduzioni legate al vettovagliamento della numerosa guarnigione spagnola che nel XVII secolo presidiava proprio nel punto nevralgico dove oggi si trova il “trivio di Fuentes” località che prende nome dal Forte ivi costruito su una piccola elevazione in prossimità del Lago e delle zone paludose dove l’Adda si immetteva nel Lario. La zona paludosa è conosciuta ancor oggi come “Pian di Spagna” e rappresenta una delle zone umide più importanti in Europa lungo le rotte delle migrazioni degli uccelli di passo. Anche per il cavallo di Samolaco, più plausibilmente, si è attribuita un origine in connessione con la forte presenza militare spagnola in zona. Probabilmente il termine “Spagnolina” è riconducibile all’identificazione geografica dell’area di allevamento con la zona del “Pian di Spagna”.

Mentre a Chiavenna pare che la pecora “primitiva” non abbia lasciato tracce, nell’Alto Lario, nei comuni di Montemezzo e Sorico in alcune frazioni sono tutt’oggi allevati piccoli greggi con presenza di diversi soggetti di sesso femminile portatori di corna, con profilo fronto-nasale tendenzialmente rettilineo e, a volte orecchie semierette o erette. Questi caratteri non si rinvengono contemporaneamente nello stesso soggetto a testimonianza dell’influenza anche in quest’area molto conservativa dal punto di vista socio-economico (dal punto di vista dialettologico è conservata la modalità arcaica della negazione in brìch invece che la tipica forma lombarda in “minga” miga, mia, mica, mina) dei tipi genetici ad orecchio pendente. Pare significativo, però, che alcuni allevatori interpellati in proposito abbiano dichiarato che parecchie delle loro pecore A volte sono presenti pigmentazioni del vello (non molto esteso) e la taglia è ridotta. Non vi sono notizie sulla numerosità di questa popolazione residuale anche se non è improponibile una ricostruzione del tipo autoctono. In passato questa pecora è stata appunto conosciuta come “Spagnolina” ed è stata descritta dal Formigoni che traccia sommariamente i caratteri i capi esposti alle mostre ovicaprine organizzate a Gravedona agli inizi degli anni ’40 e ricordata anche da Gallarati Scotti (comunicazione personale) come presente ancora in Valchiavenna negli anni ’70.

Per quanto riguarda la Val Masino una spedizione di Hans Peter Grunenfelder nella primavera 2002 ha stabilito che la locale ciùta era stata allevata sino a pochi anni fa, ma che l’ultimo gregge era stato ceduto in blocco ed era stato trasferito altrove.

Queste indicazioni inducono a ritenere utile e necessaria la ricognizione di quanto sopravvive nell’area in esame della popolazione autoctona con caratteri “primitivi” al fine di un eventuale recupero.

Per R.A.R.E. un ulteriore impegno rispetto alle “urgenze” rappresentate dal cavallo di Samolaco e dalla pecora Varesina, razze per le quali non è stato possibile suscitare la collaborazione e l’impegno di nessun Ente e che, di conseguenza R.A.R.E. dovrà, se ancora possibile, tentare di recuperare con le proprie forze.

Michele Corti
RARE Lombardia

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