

Gocce di rugiada
di alice antonetti
La vacca Varzese Ottonese Tortonese è l’unica razza bovina autoctona della Lombardia, le cui origini risalgono al ceppo delle Fromentine Iberiche, presenti sugli Appennini già in epoca romana. Nel 2001 ha rischiato la scomparsa, quando il numero degli esemplari è sceso precipitosamente a 39, a confronto con i 40 000 presenti sul territorio italiano a metà del secolo scorso. Nel 2001, il settore agricoltura della provincia di Milano ha dato il via al Progetto di biodiversità per la tutela della Varzese. Grazie a questa iniziativa, oggi il numero degli esemplari è salito a 837. È fondamentale che questa razza continui a essere tutelata per favorire la sua ripopolazione.
Quando si tratta di specie in via d’estinzione si pensa ad animali lontani da noi. L’idea alla base del mio progetto nasce dalla volontà di diffondere consapevolezza anche verso specie che per noi sono vicine e siamo soliti dare per scontate. A causa dell’introduzione di razze più produttive, le razze zootecniche legate al nostro territorio rischiano di scomparire. È fondamentale che esse vengano tutelate, valorizzate e che non si dimentichi quanto la biodiversità sia preziosa.
Conosciuta in passato come Montana, il nome con cui è ufficialmente registrata al Registro Anagrafico Nazionale deriva dalle località più importanti della vallata in cui era allevata: Varzi (PV), Ottone (PC) e Tortona (AL).
Nata come razza a triplice attitudine (latte, carne e lavoro), è stata per secoli molto diffusa sui territori corrispondenti alle attuali regioni Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Liguria. Il suo declino è iniziato negli anni ‘80, minacciata da razze più indicate per il latte e per la carne. Un’ulteriore minaccia riguardava l’aumento della diffusione di trattrici agricole.
Una volta avviato il Progetto di biodiversità per la tutela della Varzese, la prima mandria è stata introdotta nell’oasi WWF di Vanzago (MI) e gli esemplari sono poi stati trasferiti presso diverse aziende che hanno aderito al progetto. È stata così fondata l’Associazione per la tutela della razza V.O.T.

Essendo il numero di esemplari limitato, non è facile far ripopolare la specie evitando che la riproduzione avvenga all’interno della stessa famiglia. La diversità del colore del mantello (dal fromentino biondo al bruno chiaro) tra gli individui è la testimonianza degli incroci che sono avvenuti negli anni tra la razza Varzese e le razze Cabannina, Limousine e Piemontese.


Una buona parte della mandria è stata trasferita presso Cascina Santa Brera, locata a San Giuliano Milanese (MI), gestita come azienda a conduzione biologica, sostenibile ed ecocompatibile da Maria Irene di Carpegna Brivio che l’ha rinominata Azienda Agricola Terra e Acqua. Ad oggi sono presenti 30 esemplari, allevati esclusivamente per la produzione di carne. La conduzione rispetta la rusticità della razza che si ciba con erba e fieno, vive all’aperto e non necessita cure particolari.
Un’altra mandria è presente presso il Centro Parco I Geraci, nel Parco del Ticino ed è gestita da Marco Sala, che lavora per Cascina Selva a Ozzero (MI) e Cascina Caremma a Besate (MI). Le 11 V.O.T. convivono con 4 vacche di razza Limousine. In inverno vengono stabulate presso aziende vicine, mentre durante il resto dell’anno si autogestiscono.
Nel 2019, sotto la guida del professore Alberto Maria Luciano del Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali dell’Università degli Studi di Milano, è stato avviato il Programma innovativo per la tutela della biodiversità ed eredità materna della razza bovina Varzese (INNOVA), finanziato dal Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEARS) nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020, con l’obiettivo di recuperare e crioconservare ovociti ed embrioni ottenuti in vivo (da bovine di allevamento) ed ex vivo (salvataggio genetico da individui deceduti).
Nel 2023 il progetto INNOVA è proseguito con la seconda fase, il progetto R-INNOVA, che ha avuto come obiettivo il trasferimento di embrioni, prodotti in vitro e crioconservati, in riceventi di altre razze bovine ad ampia diffusione, valutando così l’efficacia di queste tecnologie di riproduzione assistita nel recupero di una razza in caso di sua estinzione.
Gli ovociti prelevati da esemplari di razza Varzese, una volta maturati e fecondati in vitro con il seme di tori di razza Varzese, sono sviluppati fino allo stadio embrionale di blastocisti. A tale stadio gli embrioni possono essere congelati o trasferiti in madri surrogate di razza Frisona che partoriranno femmine e maschi di razza Varzese. Al progetto stanno attualmente partecipando 4 professori, 7 dottorandi, 2 assegnisti e 1 ricercatrice.
Le ragioni per cui è stato scelto di concentrarsi sulle femmine risiedono nel fatto che, a differenza del maschio che può produrre gameti (spermatozoi) durante tutta la vita biologica, la femmina ha un patrimonio di gameti (ovociti) limitato, soggetto a una progressiva riduzione, fino alla sua scomparsa che coincide con la menopausa.
Un altro aspetto che rende prezioso il gamete femminile è legato al DNA mitocondriale custodito nell’ovocita ed ereditato dalla prole unicamente dal gamete femminile.
Per comprendere le varie fasi di lavorazione e conservazione, è necessario aprire una parentesi di biologia. Ogni esemplare mammifero femminile possiede due gonadi funzionanti, le ovaie, che presentano follicoli ovarici, ognuno contenente un ovocita, il gamete femminile. Durante la fase follicolare del ciclo estrale, i follicoli si ingrandiscono fino al momento dell’ovulazione in cui l’ovocita viene condotto nella tuba uterina dove potrà essere fecondato dagli spermatozoi. Si giunge quindi alla formazione dell’embrione.

Le ovaie di Varzese vengono recuperate dai macelli locali e vengono portate in laboratorio a una temperatura controllata. Una volta arrivate in laboratorio, vengono mantenute in una vasca termica a una temperatura di 26°C.
Per mezzo di un ago, i follicoli, contenenti il liquido follicolare e l’ovocita, vengono estratti dall’ovaio tramite aspirazione. Successivamente, gli ovociti più maturi visibili a occhio nudo vengono portati sotto una cappa caratterizzata da un piano di lavoro gestito con un flusso laminare di aria sterile diretto verso l’esterno.


Per sfruttare al massimo le ovaie di Varzese, viene fatto un lavoro ancora più minuzioso: tutta la parte rimanente dell’ovaia aspirata viene portata sotto la cappa, vengono tagliate piccole parti di tessuto e, con l’utilizzo dello stereomicroscopio, vengono isolati dalla corticale ovarica tutti i follicoli più piccoli che non potrebbero essere visti e aspirati a occhio nudo. Gli ovociti provenienti da questi follicoli sono ancora molto immaturi e pertanto vengono coltivati in vitro fino a raggiungere uno stadio di sviluppo tale da essere in grado di svilupparsi in un embrione dopo fecondazione in vitro.
In questo caso, gli ovociti vengono congelati maturi e pronti, dopo lo scongelamento, per essere fecondati con spermatozoi provenienti da un toro di razza Varzese idoneo a introdurre variabilità genetica nella razza. La fecondazione può essere anche realizzata attraverso la tecnica di ICSI (Microiniezione Intracitoplasmatica di Spermatozoi) con un micromanipolatore, strumento che consente all’operatore di gestire manualmente la fecondazione, attraverso l’inserimento diretto dello spermatozoo nell’ovocita.

Dopo la fecondazione, l’embrione si sviluppa all’interno di un involucro proteico chiamato zona pellucida.

A seguito della formazione dell’embrione, durante la fase di Hatching (schiusa) esso rompe questa struttura e fuoriesce, impiantandosi nelle pareti dell’utero e iniziando il suo sviluppo. Ciò avviene nella specie bovina dopo diversi giorni dalla fecondazione. In laboratorio, questa è la fase in cui l’embrione viene congelato, che corrisponde a circa 8 giorni di sviluppo, quando l’embrione raggiunge dimensioni di 130-160 micron.

La FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) ha indicato che, per non essere considerata a rischio estinzione, una specie dovrebbe contare almeno da 4800 capi di cui 3700 fertili. Ciò significa che c’è ancora parecchia strada da percorrere prima che la V.O.T. possa essere considerata fuori pericolo, considerato il fatto che la popolazione oggi conta 826 esemplari (misurazione aggiornata al 07/10/24) distribuiti su 51 mandrie.
n. 2 giugno 2025
- Sommario
- Il ritorno della pecora Nostrana
- Razze bovine alpine “dimenticate”: Montavoner-Prättigauer e Pezzata di Rabbi
- L’evoluzione dei contributi alle razze bovine autoctone del Piemonte
- Gocce di rugiada
- Editoriale
- “Razze Domestiche Locali: capirle, conservarle e promuoverle nel concreto”
- Pecore di razza Frabosana-Roaschina per la manutenzione del verde pubblico nel comune di Alba
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