Il ritorno della pecora Nostrana

di daniele bigi

Questo ovino, che ha tutte le caratteristiche del tipo primitivo italiano, sembra abbia avuto un rilevante influsso della pecora di razza Merinos, introdotta a più riprese sotto il dominio Borbonico a Parma. Una influenza marginale, ma tuttavia ben evidente, fu pure determinata da ovini di razza Bergamasca, acclimatati con successo a Borgotaro e Berceto dal dr. Luigi Torrigiani, intorno al 1880.

Le caratteristiche morfologiche di questo ovino sono ben documentate in molti dipinti del pittore del secolo scorso Stefano Bruzzi, nella vicina provincia di Piacenza. Originariamente questi ovini vedevano arieti dotati di corna e pecore acorni con profilo frontonasale per lo più rettilineo e dotate di piccole orecchie orizzontali o al più semi-pendenti.

Col trascorrere degli anni i tratti morfologici si sono orientati maggiormente verso l’ovino transumante alpino, rappresentato dalla razza Bergamasca. In alcuni soggetti permangono ciuffi frontali folti, riconducibili a influsso Merinos, tuttavia in generale l’unico ovino che giunge ancora sporadicamente nella zona è proprio il Bergamasco. In passato si registravano animali a vello nero o bruno oggi del tutto scomparsi.

Le similitudini morfologiche e distributive sovrappongono l’ovino di Borgotaro con ceppi in seguito noti con i nomi “Nostrana” e “Locale”. Tali razze furono individuate dal Consiglio Nazionale delle Ricerche in una ricerca svolta alla fine degli anni 70 e pubblicata alcuni anni dopo (CNR, 1983).

Fin dal 1983 la razza figura tra quelle meritevoli di Registro Anagrafico, tuttavia lo scarso interesse da parte degli allevatori ha portato a una generale mancanza di registrazioni genealogiche e a un più generale abbandono dell’allevamento ovino nell’area. Denominazioni dialettali locali la definiscono anche con altri nomi: locale, nostrale, pêgra montanara.

Di seguito sono riportate le foto ricavate dall’Atlante CNR (1983); appena sotto è anche riportata la cartina con la zona in cui questi ovini erano stati individuati nell’ambito di tale studio.

Occorre specificare che nel 1983 era stata classificata come popolazione reliquia in fase di estinzione, non esistendo le premesse sufficienti per una valida azione di difesa e di recupero. Si stimava che fossero 300 gli animali in purezza a cui si aggiungevano poche migliaia di meticci. Bisogna aggiungere che anche la zona di Zeri (Toscana) ospitava un tempo ovini acorni molto simili; la scheda sulla razza Zerasca (denominata Locale), redatta dal CNR nel 1983, mostra infatti un ovino molto simile allevato nel comprensorio di Zeri. In seguito l’orientamento selettivo della razza locale Zerasca si è indirizzato su pecore dotate di corna in ambo i sessi, determinando un graduale abbandono dell’ovino acorne locale.

Col trascorrere degli anni i tratti morfologici si sono orientati maggiormente verso l’ovino transumante alpino, rappresentato dalla razza Bergamasca. In alcuni soggetti permangono ciuffi frontali folti, riconducibili a influsso Merinos, tuttavia in generale l’unico ovino che giunge ancora sporadicamente nella zona è proprio il Bergamasco. In passato si registravano animali a vello nero o bruno oggi del tutto scomparsi.

Notizie più recenti, dell’inizio degli anni 2000, indicavano la presenza di circa 35 soggetti nei pressi di Borgotaro e solo recentemente, nel 2023, è stato condotto un rilievo più accurato, che ha portato alla stima di circa 50 soggetti superstiti, con pochi nuclei distribuiti sia nella zona di Borgotaro, che nel vicino appennino Ligure. Si tratta perlopiù di allevamenti condotti da allevatrici dell’area di confluenza tra Liguria, Emilia Romagna e Toscana. Di seguito sono riportate due foto di soggetti fotografati nel corso di tale recente indagine.

Fin dal 1983 la razza figura tra quelle meritevoli di Registro Anagrafico, tuttavia lo scarso interesse da parte degli allevatori ha portato a una generale mancanza di registrazioni genealogiche e a un più generale abbandono dell’allevamento ovino nell’area. Denominazioni dialettali locali la definiscono anche con altri nomi: locale, nostrale, pêgra montanara.

Di seguito sono riportate le foto ricavate dall’Atlante CNR (1983); appena sotto è anche riportata la cartina con la zona in cui questi ovini erano stati individuati nell’ambito di tale studio.

Caratteristiche morfologiche

Testa acorne (segnalati in passato maschi con corna), non eccessivamente pesante, con profilo rettilineo o leggermente montonino, le orecchie di media lunghezza portate orizzontali o leggermente pendenti e cadenti. Sono presenti in percentuale minima animali con ciuffo in fronte ben sviluppato.

Collo di media lunghezza, ben attaccato alle spalle, spesso un po’ scarno.

Tronco lungo con altezza al garrese quasi pari a quella della groppa; il petto è stretto e la groppa ha un medio sviluppo sia in larghezza che in lunghezza; a volte la groppa è inclinata e scarna; coda di lunghezza media.

Arti solidi e relativamente lunghi, di solito privi di lana; unghielli chiari.

Mantello Vello bianco, aperto o semiaperto, con testa, parte ventrale del collo, basso ventre e arti nudi. A volte è presente lana nella parte ventrale del collo, nel basso ventre e nelle parti prossimali degli arti.

Razza tipicamente a triplice attitudine, veniva sfruttata per la produzione di lana da materassi, latte e carne, proveniente dagli agnelli leggeri e dagli animali a fine carriera.

Lana
Lana

Attualmente viene utilizzata prevalentemente per la produzione di carne. Inoltre le allevatrici che la custodiscono promuovono lavorazioni della lana tradizionali di questa area geografica,  e hanno anche dato origine a una pagina Facebook dedicata alla pubblicizzazione delle iniziative di valorizzazione della razza.

Caratteri riproduttivi: Sono rari i parti gemellari. Non vi sono dati attendibili e certi sui caratteri riproduttivi della razza.

Iniziative di sostegno e recupero

Il Registro anagrafico, oggi Libro genealogico, fin dalla sua creazione, è affidato all’Associazione Nazionale della Pastorizia (AssoNaPa). Vista la bassissima numerosità della razza, per scongiurare l’estinzione, si potrebbe pensare ad un utilizzo dei maschi puri esistenti per produrre un’ampia popolazione meticcia, da sottoporre a graduale incrocio di sostituzione, mantenendo i pochi nuclei puri come generatori di arieti.

Le razze più indicate, sia per facilità di reperimento che per origine genetica, sono le razze la Appenninica e la Sarda.

Infine la razza Nostrana è stata inserita in una indagine genetica che riguarda le razze autoctone italiane a rischio di estinzione. I dati ottenuti potranno aiutare nella scelta delle strategie di salvaguardia più idonee.

Ariete
Ariete

Bibliografia di riferimento

– AAVV (1983) Atlante delle Razze ovicaprine italiane. CNR.

– Bigi D., Zanon A. (2020) Atlante delle razze autoctone, bovini, equini, ovicaprini, suini allevati in Italia. Seconda Edizione, Edagricole.

– Bigi D., Perri F., Zanon A. (2024) Le razze locali dell’Emilia-Romagna. Edizioni Bertani e C, Reggio Emilia.

– Guardasoni M. (1954) Lezioni di zootecnia speciale. Editore Casanova Parma.

– Manetti C. (1925) Geografia zootecnica. Francesco Battiato Editore.